Translagorai
E se la translagorai è stata da qualcuno definita il pieno di vuoto, nel percorrerla la mia mente non si è alleggerita. Anzi, in qualche modo inaspettato, si è ingombrata di pensieri futili e ossessioni inappaganti che ancora oggi non trovano via per scomparire. È forse per questo che faccio fatica a raccontare questa traversata per quello che è stato, senza sfociare in sterili rimurginamenti sull’essere e sull’insieme di esseri.
Eppure proviamoci. Si tratta di una camminata selvaggia, tra pietre spezzate e pungenti, anguste cime e un’interminabile distesa di immobilità. Che poi, in realtà, ogni passo smuove la pietra su cui il piede appoggia. Le rocce sono instabili e il paesaggio è conseguenza delle antiche frane.
Si cammina in media sui 2000 mt, a volte più su, a volte più giù. Il paesaggio sopra i 2000 mt è per lo più grigio, anche se i licheni che ricoprono le rocce le riempiono di un giallo acido, verdastro, quasi fossero evidenziatori. Pochi i suoni. Quello del vento che si sfrega sulle rocce è il più insistente, accompagnato dal rombo di aeroplani. Sotto ai 2000 mt tutto si riempie di un verde rigoglioso e caldo. Anche i suoni ritornano a essere più vivaci e vitali. Il rumore del vento, che ora accarezza l’erba e gli alberi, diventa un fruscio più dolce e a questo si aggiunge il rumore squillante dei campanacci delle mucche a cui viene concesso di trascorrere i mesi estivi al pascolo.
Il percorso consiste esclusivamente di salite o discese. Quasi mai un tratto pianeggiante per far riposare il respiro o la mente, sempre concentrata a cercare il luogo migliore per poggiare il piede, evitando di cadere in un pozzo di pietre o più semplicemente di farsi male a una caviglia. O perché l’occhio possa scostare l’attenzione dal terreno, intento a evitare quegli spiacevoli eventi sopra descritti, e guardare il cielo.
Attraversando la translagorai, si esce da quella linea continua formata dal tempo che scorre e ci si trova in una dimensione indipendente, dove il presente è ormai lontano, tenuto a bada in qualche angolo nascosto della mente e il passato riemerge agli occhi, a volte in forma di barattoli o arnesi arruginiti. Queste montagne sono state scenario della guerra del 15–18 e tutt’ora sono evidenti trincee, fortificazioni, resti di baracche e accampamenti militari, grotte, caverne, iscrizioni.
Scarse le altre forme di passaggio antropico. Durante la via ci siamo imbattuti in qualche rifugio (Cauriol e Passo Manghen), e bivacco (Aldo Moro, Paolo e Nicola, Nadia Teatin e Mangheneti), e nell’improvvisa gioia che essi trasmettono (chi più chi meno), condivisa con gli altri ospiti sconosciuti e percepita nei racconti scritti a mano sui diari.
La Translagorai è un’alta via che si svolge lungo l’intera catena del Lagorai, nel Trentino orientale, per una lunghezza di circa 80 km e circa 5000 m di dislivello positivo. Collega Malga Rolle, da dove sono ben visibili le Pale di San Martino, a Panarotta. Dovevamo percorrere tutti gli 80 km, ma alla fine, a pie lento, ne abbiamo fatti 60, fermandoci a Passo Manghen. Troppo stanchi per vedere l’alba, e tanto ansiosi di goderci il tramonto.